Nello stesso giorno in cui in Ucraina si disputava la finale di Euro
2012, in Messico si decidevano le sorti del paese con le elezioni
presidenziali. Nel pomeriggio i giocatori di Spagna e Italia correvano dietro a
una palla, si facevano falli a vicenda, sudavano, tentavano tiri da lontano, da
vicino e mettevano in porta uno, due, tre quattro gol agli avversari azzurri. A
partire delle 8 del mattino più di 49 milioni di messicani si recavano alle
urne per votare il proprio candidato tra Andrés Manuel López Obrador, Josefina
Vázquez Mota, Gabriel Quadri ed Enrique Peña Nieto. Sul campo verde di Kiev la
lotta corpo a corpo, sul campo politico dell'intero paese messicano la lotta
dei conteggi che poco dopo la mezzanotte davano per certa la vittoria di
Enrique Peña Nieto.
Nei mesi precedenti al 1° luglio 2012, il candidato del
Partido Revolucionario Institucional (71 anni consecutivi di governo corrotto –
1929-2000 – che lo scrittore Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la
letteratura, aveva chiamato la “dittatura perfetta”), era stato dato come
favorito da tutti i sondaggi. Nelle settimane precedenti al 1° luglio centinaia
di video postati su Youtube denunciavano l'acquisto di voti da parte del PRI in
cambio di 500 pesos (poco più di 30 euro). Il parallelismo tra il calcio e la
politica in questo caso è facile, considerato lo scandalo scommesse. Ma c'è
un'altra analogia forse più sottile, che lega Messico e Italia, il calcio e la
politica.
Come un celebre imprenditore italiano poi divenuto presidente
dell'Associazione Calcio Milan e in seguito dello stivale, anche Enrique Peña
Nieto viene dalla televisione. Non ne è proprietario, ma Televisa (in cambio di
denaro e favori) è stata la sua più grande sostenitrice, assicurandogli una
copertura favorevole nei notiziari più importanti e nei programmi di
intrattenimento mentre allo stesso tempo screditava Andrés Manuel López
Obrador, il rivale più temuto. Tanto che nella sua tournée per il paese, il
giovane candidato priísta veniva accolto dalle donne come un divo di Hollywood.
Come il celebre imprenditore milanese, anche Enrique Peña Nieto è convolato in
seconde nozze con una attricetta di serie b, tale Angélica Rivera, conosciuta
anche come La Gaviota per via di una telenovela di cui è stata protagonista
(si dice che la prima moglie, morta di una strana malattia, sia stata fatta
fuori dal PRI). E come il celebre imprenditore, anche il nuovo presidente del
Messico sa fare buon viso alle situazioni più imbarazzanti.
Lo scorso dicembre
alla Feria Internacional del Libro de Guadalajara, quando durante una
conferenza stampa gli chiedevano quali tre libri lo avessero segnato
politicamente, El copete (il soprannome che gli è stato affibbiato per via
della pettinatura con ciuffo) colto alla sprovvista – perché che vuoi che ti
chiedano a una feria del libro – assicurava che la Bibbia, della quale aveva
letto solo alcuni passaggi, era stata importante per la sua formazione
politica, confondeva titoli di libri e autori e si arrampicava sugli specchi
per cinque lunghissimi minuti.
Come se non bastasse, qualche mese dopo, ospite
dell'Università Iberoamericana, veniva praticamente cacciato dall'ateneo al
grido degli studenti “la Ibero non ti vuole” o “codardo” o ancora “Atenco non
si dimentica!” (ritenendolo colpevole del massacro di San Salvador Atenco) e
lui, un attimo prima di entrare nell'auto blu e darsi alla fuga, si limitava a
sorridere falsamente mostrando il pollice proprio come avrebbe fatto il suo
collega italiano. O forse no. No, certo, adesso che ci penso l'altro avrebbe
sorriso falsamente e mostrato il dito medio.
(uscito nel settembre 2012 su Mexican Radio: una reporter in terra di mariachi, il blog che pubblico ogni mese su Freequency, la rivista per iPad che si può scaricare gratuitamente qui)
Enrique Peña Nieto alla Feria Internacional del Libro (GDL, México) |
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