domenica 27 febbraio 2011

Centro di recupero

Dopo qualche giorno passato in mezzo a una quantità esagerata di uomini, ieri Miss Loto, presa da nausea e convulsioni, ha chiamato l'amica Kira che poco dopo si è manifestata come per magia e in barba al lavoro hanno passato tutta la giornata insieme, tra chiacchiere, bevute, shopping, risate, discorsi (semi)seri, l'inaugurazione di una gioielleria e un after party sul mare. Poi, con fare misterioso, sono tornate dai loro uomini che le aspettavano con ansia al bar.

"Che avete fatto tutto il giorno?"
[Risposta vaga]
"E poi? Dove siete state?"
[Risposta vaga]
"No, ma è solo per sapere eh..."
[Risposta vaga]
".........."


Eh. Ci voleva.


sabato 26 febbraio 2011

What Men Want - Quello che gli uomini vogliono

Sono sempre stata abituata a muovermi con disinvoltura nel mondo degli uomini. Alle cene dei grandi alle quali accompagnavo mio padre da ragazzina ero l'unica femmina che s'interessava ai discorsi di lavoro, sport e politica e memorizzavo tutto - le sigarette lasciate a consumare nei posacenere di cristallo, il tintinnio dei bicchieri di whisky, le risate roche e le luci fioche. Questo mio interesse antropologico per un mondo che molto più spesso negava l'entrata alle donne è cresciuto con gli anni a pari passo della mia totale sicurezza nel frequentarlo. 
Da quando ho iniziato a lavorare qui mi capita spesso di essere invitata a incontri tra uomini ai quali vengo presentata come giornalista e collaboratrice in radio. Forse sapendomi un'addetta ai lavori gli uomini si sentono più a loro agio (in Messico, paese machista per eccellenza, le donne non siedono a tavola con i maschi), anche perché quando sono fra loro io sono come loro, a volte anche peggio di loro. E tengo banco. Non per niente mi chiamano Loto Marzotto (anche se in questo momento libico forse sarebbe meglio non fare certi nomi). Comunque.
Proprio ieri mattina il negro mi invita a raggiungerlo qui nel parco sotto casa per prendere un caffè con Rodrigo Lava e Raúl Palo, rispettivamente direttore e vice direttore della pubblica sicurezza comunale. Quando i due arrivano noto subito che Lava porta una pistola alla cintura. Mezzora dopo, parlando di armi in dotazione alla polizia, la tira fuori e, tolto il caricatore, la appoggia sul tavolo per farcela vedere. "Una volta in un poligono in Italia ho sparato con un Kalashnikov", dico ottenendo l'ammirazione del signore direttore. "Camarada, perché non la porti a sparare da noi qualche volta?" Da quel momento è fatta, ho definitivamente ottenuto la loro stima. 
Mi raccontano di un caso recente in cui, in un pueblo nelle vicinanze, la polizia è riuscita a sventare un tentato stupro arrivando sul luogo del delitto appena un attimo prima che l'uomo - che era già riuscito a legare e denudare la donna - possedesse con la forza la sua vittima. "In questi casi di quanti anni di carcere è la massima pena?" chiedo al vice. "In caso di stupro sono quindici anni di carcere. Per un tentato stupro possono essere anche dieci". "E quando si tratta di violenza domestica sulle donne?" "Ah, sono sicuro che un sacco di donne vorrebbero che i loro mariti andassero al gabbio per così tanti anni". [...] "No, io mi riferivo ai casi reali di violenza domestica". Lui sembra non capire.
Secondo il Ministero della Sanità del Messico, una donna su tre è vittima di violenza domestica e si stima che più di 6 000 donne muoiono ogni anno per cause legate alla violenza domestica. Secondo una indagine nazionale rilasciata nel 2006 sulla dinamica delle relazioni familiari, il 43% delle donne messicane che abbiano più di 15 anni di età è stato vittima di una qualche forma di violenza domestica. Il numero delle donne uccise dalla violenza domestica in Messico è superiore al numero delle donne uccise dalla criminalità organizzata. Sebbene i dati siano allarmanti, la maggior parte della gente non considera la violenza domestica un reato grave. Si cambia discorso.
"A che ora ti manda in onda il negro?" mi chiede il direttore. "In genere tra le 3.20 e le 3.30 però a volte non mi manda in onda per niente. Se le notizie da Oaxaca sono particolarmente calde il mio spazio musicale viene cancellato". A quel punto direttore e vice direttore fanno al negro la proposta per la quale lo avevano voluto vedere. Ovvero di poter avere uno spazio all'interno del notiziario, ogni lunedì, per informare il pubblico sul lavoro svolto dalla polizia e sulle statistiche che riguardano lo stato di Oaxaca. "Si tratterebbe di elencare i numeri di furti, omicidi, arresti e quant'altro sia successo nella settimana precedente..." assicura il direttore ma non fa neanche in tempo a terminare la frase che lo ammonisco "Sì, ma che sia breve eh, e che non tolga spazio a me o alla mia musica!"


martedì 22 febbraio 2011

A colazione da T. con il sindaco

In tanti anni di mestiere giornalistico non mi era mai capitato di essere invitata a un desayuno con il sindaco - né di entrare in un caffè sorvegliato da guardie del corpo, né tantomeno di essere osservata da segretari e guardaspalle per tutta la durata della colazione - fino a ieri mattina.
Il negro e Mr. Handsome (come lo chiamereste voi un elegante uomo di circa quaranta anni con due occhi verde marino e una stretta di mano decisa ma morbida?) sono amici da tanto tempo e, mi raccontano tra una forchettata di huevos a la mexicana (Mr. H) e una di mango-papaya-banana-ananas-melone (io e il negro), prima che il signor sindaco divenisse sindaco si frequentavano molto più spesso e passavano le ore a tavola a conversare. Adesso a "dividerli" c'è la politica e l'obiettività del reportero
Il partito di Mr. Handsome ha vinto alle ultime elezioni battendo il PRI, il partito avversario che governava indisturbato da ottanta anni. Qualche settimana dopo che Mr. H è stato eletto, un Cessna è precipitato nella sierra e secondo le primissime notizie a bordo di quell'aereo c'erano tutti i maggiori rappresentanti del PAN, compreso il neoeletto sindaco. Invece Mr. H l'aveva scampata.
Con i suoi occhi limpidi il sindaco mi racconta della costruzione completata al 70% di un ospedale abbandonato a se stesso e di documenti - appena ritrovati - secondo i quali l'ospedale risulti già finito e consegnato. Gli dico che anche in Italia queste cose sono all'ordine del giorno, lui mi sorride empatico, non so se partire con la filippica sulla questione rifiuti/mafia in Campania ma poi decido che per una volta tanto è bello sentire i problemi degli altri paesi, soprattutto se a raccontarteli è un sindaco giovane e bono

Huevos a la mexicana

sabato 19 febbraio 2011

Rosa mani di forbice

Qualche mese fa io e Kira abbiamo portato dei vestiti da una sarta del pueblo per farceli sistemare. Kira e la nostra amica comune Raffaella mi avevano messa in guardia contro i modi pochi professionali di Rosa, del suo ammucchiare i vestiti dei clienti contro la parete cementata senza nessun tipo di indicazione sui rispettivi proprietari e sul lavoro da eseguire. "Però tu non ti preoccupare, poi non si sa come ti consegna l'abito esattamente come lo volevi". Rosa vive nella zona U2, una delle più brutte del pueblo, in una casa di mattoni, quattro figlie femmine dagli 0 ai 16 anni sparse per casa e sul pavimento di concreto tra vestiti imbastiti, scampoli di stoffa e terriccio. Decisamente esotico. È l'altra faccia del Messico, bello perché verace. 
Nonostante Rosa pensi che non sia necessario provarmi il vestito bianco da restringere di una taglia, insisto abbastanza perché mi dica di andare di là in camera da letto, altri mucchi di vestiti buttati sul materasso. Quando rientro nel suo laboratorio mi guarda con la testa pendente da una parte, la mano a stringere il mento, assorta, come se stesse decidendo se comprare un etto di mortadella con i pistacchi o quel prosciutto di montagna appena iniziato. Poi s'avvicina, con le mani a chela mi calcola quanta stoffa avanza da una e dall'altra parte del torace e mi dice di cambiarmi. "Non crede che sia meglio prendere delle misure?" le chiedo timidamente, per non farla arrabbiare. "Ma no, un centimetro e mezzo da un lato, uno e mezzo dall'altro ed è fatta!" Así mis ojos.

Purtroppo non saprò mai se Rosa è davvero una maga delle forbici. Dopo tre mesi di esasperante attesa Kira l'altro giorno è andata a recuperare tutte le nostre cose. Oggi le abbiamo portate da Alvaro, un signore sarto che esegue le riparazioni, metro al collo e spilli a portata di mano, in un vero atelier, una casetta quadrata nel sector J munita di un camerino (un angolo riparato da un lenzuolo bianco), tutti gli attrezzi del mestiere e una radio. Perché il signor Alvaro mentre taglia e cuce batte il piede al ritmo della musica locale.



mercoledì 16 febbraio 2011

Miss Loto vince una scommessa

Con il negro, il direttore delle notizie che mi ospita ogni giorno all'interno del radiogiornale, ci passiamo le notizie. Domenica sera mi ha mandato un messaggio per informarmi della morte di una leggenda della musica e del cinema messicano in modo che potessi farne menzione durante il mio spazio musicale il giorno successivo. "Non voglio assolutamente che cambi nulla della tua scaletta, solo vorrei mandare un messaggio agli apaches che pensano che tu non sappia nulla di musica messicana" [...] Ieri, mentre mi stavo preparando per la puntata di oggi scopro che Valentino Rossi avrebbe compiuto gli anni così mando un messaggio al negro dicendogli di passare la notizia al suo cuate (amico) Pepe, che si occupa delle notizie sportive. Qualche ora dopo ci incontriamo per parlare di lavoro e mi chiede chi sia questo Valentino Rossi. Así mis ojos (un modo di dire locale - così i miei occhi - che indica il proprio stupore). Gli spiego chi è e lui cade dalle nuvole. "Tu forse non sai chi sia, ma il tuo cuate Pepe deve saperlo per forza!" Il negro fa l'errore di scommettere. Poi lo chiama e lo mette in viva voce. 

Lui: Pepe, chi è Valentino Rossi?
L'altro: Ma dici il motociclista?
Lui: Sì, di che nazionalità è, lo sai?
L'altro: Italiano.
Lui: Ma è ancora vivo o...
L'altro: È il numero uno al mondo, cabrón! Che domande mi fai?
Lui: Ho appena perso una scommessa con Loto. CLICK.

La posta in gioco era un pranzo in un ristorante del pueblo. Il negro dovrà offrirlo sia a me che al mio cuate Pepe.


Valentino Rossi

lunedì 14 febbraio 2011

Stella recupera punti

Stella e Flaco sono fratelli e lavorano entrambi in radio. Da quando ho iniziato la mia collaborazione con il negro all'interno del notiziario locale, mi sono stati affiancati nelle registrazioni. A turno Stella e Flaco mi consigliano come leggere senza che si noti, tagliano le mie gaffe, i respiri e le parolacce che mi escono quando sbaglio la pronuncia, e poi montano il parlato come se fossi una perfetta italiana che blatera in spagnolo di musica e altre cose.
Stella ha ventiquattro anni, si è laureata con una tesi sulla Radio commerciale Vs la Radio Culturale, e ogni volta che mi vede arrivare si illumina con un sorriso di benvenuto. Tra una registrazione e l'altra abbiamo iniziato a conoscerci e da qualche tempo siamo entrate in confidenza. L'altro giorno stavamo parlando del mestiere del giornalista.

Lei: È da poco che fai questo lavoro?
Io: No, a dire la verità sono dodici anni che faccio la giornalista.
Lei: [...] 
Io: Be', magari non sembra, ma io ho trentacinque anni, posso capire che ne dimostri di meno e quindi...
Lei: [...]

Ora, io non so se offendermi perché mi sono sentita dare della vecchia o perché mi sono sentita dare dell'incompetente. Comunque questo succedeva lunedì scorso. Oggi era di nuovo giorno di registrazione, e Stella era seduta al suo posto, seminascosta dall'immenso Mac che regna sulla scrivania, con il suo immancabile sorriso. Siccome ieri è scomparsa una leggenda della musica e del cinema messicano, Manuel Esperón, le stavo chiedendo di farmi sentire le varie versioni che avevano di una delle sue più celebri canzoni, Amorcito Corazón, per metterla nel programma di oggi. Mi fa il nome di un certo Víctor García, di cui avevo letto proprio il giorno prima. "Conosco Víctor García!" dico. "È quel chavo (ragazzo) che ha la mia stessa età!" Poi la guardo, lei mi guarda e aggiungo "Be' oddio, chavo, è quel vecchio che ha la mia età", ottenendo la sua risata cristallina. Messo in chiaro che ho iniziato a lavorare in radio qui in Messico e che non l'avevo mai fatto prima (eh sì, ho passato tutta la settimana a scervellarmi su cosa volesse dire quel silenzio e sono giunta alla conclusione che il suo "è da poco che fai questo lavoro?" si riferisse alla radio), mentre stavo sistemando le cuffie e mettendo via il microfono rompe il silenzio. "Sai, nonostante tu sia qui da relativamente poco tempo lo parli proprio bene lo spagnolo". 

Stella si è meritata un invito a pranzo. Mercoledì io e Kira la porteremo dall'indiano. E se non le dovesse piacere... be', la vendetta è un piatto da servire speziatissimo.

Manuel Esperón

sabato 12 febbraio 2011

Highly strung is over

Ieri avevo i nervi a fior di pelle. Anzi, a dire la verità erano due settimane che me ne andavo in giro tesa come la corda di un violino. Juan deve essersene accorto, perché lunedì mi ha fatto giungere la voce che il venerdì (cioè ieri sera) non avremo più ballato, salvo rivelare due giorni dopo che lo aveva detto solo per tranquillizzarmi (!). Non solo. Tutto il mondo sa che quando sono nervosa è meglio lasciarmi stare, anzi è consigliabile proprio girare al largo. In otto anni che stiamo insieme Wolf ha avuto modo di conoscere il mio lato oscuro e perciò credevo che anche in questa occasione - l'imminente presentación - si sarebbe limitato ad abbozzare con indifferenza alle mie dichiarazioni di guerra a Juan e compagnia bella. Invece no. Giovedì sera, di ritorno dalle prove a teatro, ero talmente esausta che sono sbottata e tra le lacrime ho dato il via alla mia filippica ma Wolf, invece di nascondere la faccia dietro a un quotidiano, correre a comprare le sigarette o scendere a bere una birra con chef, ha fatto l'errore di trasformarsi in un pasionario prendendo le mie difese e dicendomi cosa avrei dovuto dire a Juan quando mi sentivo trattata male (proprio tu, Wolf, marito mio). In pochi secondi il mio metro e sessantaquattro di altezza si è gonfiato fino a diventare un mostro nero dalle fauci spalancate e solo a quel punto Wolf ha capito che era meglio squagliarsela. 
Ce l'avevo con Juan perché il giorno prima dello spettacolo mi aveva inserita in un'altra parte di una coreografia che non avevo mai ballato prima e avevo solo una notte di tempo per memorizzare i passi (il che naturalmente significa che non ho chiuso occhio pensando ai movimenti da fare). In più, quando ci siamo ritrovati tutti al teatro alle 5 per le prove generali mi sono accorta di essere l'unica con il trucco nonostante Juan ci avesse chiaramente detto di presentarci già truccati. Il mio brusco saluto è stato chiedere delucidazioni in proposito per sentirgli dire che l'italiana (da qualche giorno mi chiama così) come al solito aveva capito male. Fortunatamente poco dopo è arrivata Bianca, anche lei truccata di tutto punto. Ci siamo guardate e ci siamo sentite immediatamente meglio (anche se rimaneva il mistero delle altre quindici ragazzine acqua e sapone). Del pomeriggio ho fissato nella memoria le immagini del riscaldamento fatto sotto al sole e poi al tramonto, le prove filate lisce, le chiacchiere e i massaggi per sciogliere i muscoli, le due volte che mi sono fatta accompagnare in bagno da Yole presa dal panico e la vestizione finale. Due ore dopo eravamo tutti pronti per andare in scena sotto il cielo stellato del Teatro del mar. Poi nero, luci, pubblico, musica, cou de pied, ronds de jambe, attitude, applausi, abbracci e baci tra i ballerini. Santa Cruz è stata nostra per una notte.

mercoledì 9 febbraio 2011

Rido (ma ho le lacrime)

Le kappa inutilmente compulsive di Sarita Tommasi

di Andrea Scanzi


Mi ero appena innamorato. Di Anna Maria Bernini, imprecisato onorevole del Pdl. L’avevo vista ad Annozero. Era stata mandata in prima linea, contro il fronte nemico, con la serenità di chi sa di poter fare a meno del due di picche. Essendo briscola quadri.
Bel talento, la Bernini. Pure garbata, a modo suo. Ha esordito dicendo sette volte “iato”, parola che Benedetto Croce riteneva già desueta quando faceva l’analisi testuale della Cavallina storna del Pascoli (sai che palle, il Pascoli). Poi è andata giù di brutto (cit) con parole lisergiche come “carotaggio”, di cui ovviamente ignorava il significato: per quello le diceva. Momenti inebrianti.
La Bernini mi ha colpito per due motivi. Il primo è la sperequazione – altra parola da usare sempre per fare i colti: sperequazione. Non vuol dire nulla, ma colpisce sempre lo spettatore (che è stupido: per questo esistono Pdl e Pd. Per colmare il vuoto con un vuoto al quadrato).
Dicevo, il primo aspetto conturbante di Madama Bernini è la sperequazione tra l’apparente esondazione di botox, che parrebbe tradire il desiderio di affascinare esteticamente, e un look sostanzialmente vedovile, con stivali neri morigerati, senza tacco o ammicco: quasi a dissociarsi dal suo ipotetico chirurgo estetico.
Il secondo vanto della Bernini è l’oculista. E’ lo stesso di Mara Carfagna. Entrambe hanno sempre questa espressione sgranata, questi occhi lussuriosamente a palla. Questo sguardo perennemente stupito, come di chi ha appena visto un’erezione maestosa di Mike Tyson.

Culi flaccidi e Comete di Halley un po’ anziane. Mi ero innamorato, ma è durata poco. Del resto quando ero piccolo
mi innamoravo di tutto (cit), e ora che son grande mica è cambiato nulla. Così mi sono innamorato di Nicole Minetti. Soprattutto quando ha dato del “culo flaccido” a Silvio Berlusconi. Pensateci: uno come Berlusconi può accettarla, un’offesa come “pezzo di merda”. Fa quasi curriculium. E può persino tollerare la definizione “vecchio”, sebbene egli sia immortale e definirlo vecchio sarebbe come dire che la Cometa di Halley è un po’ anziana.
Ma “culo flaccido”, diamine, no. Cribbio, no. Numi santissimi, no. E’ qualcosa che colpisce il narcisismo, che affossa il Sildenafil e offende il cipiglio delle pompette idrauliche. Non si fa.
La mia solidarietà a Berlusconi – ma anche alla Minetti che, in cinque secondi, ha detto più cose di sinistra che D’Alema in tutta la sua vita.
Poi però mi è passata la fascinazione per le LDM (Labbra Dunlop Minettiane) e mi sono nuovamente erotizzato dinnanzi a Lady Santadechè e Ravetto Regna. Le usano come milizia femminista per difendere il Sire dalle accuse di erotomania. Pensateci: i berluscones usano le donne per giustificare un 75enne della sua vita privata (e non solo privata) da apparente satiro. Sarebbe come se chiamassero François Villon per difendere le forche. William Burroughs per promuovere la disintossicazione. O me come venditore di infradito. Sarei credibile? No.
Però loro lo difendono. E la gente gli crede. Come crede alle nipoti di Mubarak. Che poi non erano mica nipoti di Mubarak. Però forse sì. Garantisce l’onorevole risorgimentale Maurizio Paniz: la versione mono di Camillo Benso Conte di Cavour.
Tutto questo però è evaporato e trasfigurato, scemato e sfumato, come lacrime sotto la pioggia (cit).

Sara Tommasi come Rosa Luxemburg. Ed è scemato perché ora esiste solo e soltanto Sara Tommasi. Essa Regna, Signoreggia e Soverchia. Ah, Sara Tommasi. Sarita Tommasi. Quella che credeva di essere a metà strada tra la Fenech e Angelina Jolie. Quella che va a piangere dal simpatico Lauro e l’anziano Sabelli Fioretti, parlando di supermercati che la minacciano e avvelenano (potrebbe provare col biologico).  Quella che ha paura di Lele Mora e lancia strali su Fabrizio Corona. Quella che, insieme ad Aida Yespica (altra arcorina) si faceva spiegare il mondo dal Mahatma dello Strategismo Sentimentale Marra in un monumentale video su Youtube. Quella che mandava auguri al Ministro La Russa, chiamandolo “amore” (stica). Quella che è laureata alla Bocconi ma usa la “k” come i gggggiovani e crede che il congiuntivo ci abbia la rogna (per questo se ne sta così alla larga).
Quella che pare viaggiasse con la guardia del corpo del Presidente del Consiglio (daje).
I suoi sms sono un bignami dell’Italia al tempo di Berlusconi. Se ne sia fatta una minima esegesi.


1) “Amore ho ankora y parfum on the skin“. A chi lo ha scritto? A George Clooney? A Raoul Bova? A Marco Travaglio?
No, a Fabrizio Del Noce. La Tommasi ci aveva ankora l’odore di Del Noce sulla pelle (e con le mani sbucciava cipolle). Che culo. Glosse al testo: 1) Sarita era pagata un tanto a “k”? 2) Quella “y” era un tributo a Chico Caramba Y Carambyta, l’amico di Zagor-te-nay? 3) Ultimamente alla Bocconi danno la lauree un po’ alla cazzo, con rispetto parlando.
2) “Se io mi devo kurare, tu piantala con la cocaina, i cani e le mignotte! E festini sexy non me ne sbatte un cazzo stronzo“. Questo lo scrive a Paolo Berlusconi. Ora, al di là della costruzione sintattica afasica (”e festini sexy non me ne sbatte un cazzo” sembra il costruttore automatico di testi vascobrondiani), affascina il riferimento ai cani: che c’entrano? Capisco la cocaina, capisco le mignotte. Capisco pure i festini: ma i cani? Che male fanno? Che colpa hanno? O era un riferimento puntuto a una imprecisata zoofilia trasversalmente praticata? Mah.
3) “Silvio vergognati! Mi hai fatta ammalare…paga i conti dello psicologo“. Qui cominciano i messaggi a Silvio. Che sarebbe Berlusconi. Il quale, se avesse contribuito a spingere Sarita dallo psicologo, sarebbe forse da plaudire. La stessa Sarita, con un bipolarismo appena accennato, poco dopo chiosa: “Amore perdonami…ho visto solo ora la tua chiamata. Ultimamente ho problemi con il telefono“. E non solo con il telefono.
4) “Spero k il governo americano inizi a dare lustro a quello ignobile nostrano con i 10 requisiti di ammissione ad Harvard. La politica è una cosa seria“. Un minuto dopo: “Non una barzelletta come l’hai intesa tu“. Venti minuti dopo: “10 requisiti per l’ammissione tra le fila dei parlamentari… tu indagato saresti già fuori. Hai capito?”.
Questa è la versione Sarita Luxemburg. La pasionaria della sinistra. Pur non essendo né pasionaria (non politicamente almeno), né di sinistra. Immaginate però se una cosa così la dicesse la Melandri. Già, immaginatelo. E basta.
5) Mi sei mancato tanto. Spero tu mi possa richiamare presto. Ti amo ancora sai? Lady X”. Sta ancora parlando con Silvio Berlusconi. Che, immagino, gli avrà risposto firmandosi “Mazinga Zeta”.

6) (Nel pomeriggio dello stesso giorno, scrive):“Ma perché non mi metti dietro solo il Mora invece k le lesbike??”. Qui non
si capisce se sta alludendo a una posizione kamasutrica, a un sandwich con due olgettine o sta scrivendo la sceneggiatura del nuovo film di Luca Barbareschi (futuro successo in prima serata  a Rai Tre). Nel dubbio, non mi rispondo.

7)“Spero k krepi kon le tue Troie”.
Sta rivolgendosi ancora (scusate: ankora) a Berlusconi. Il profluvio di kappa è ormai irrefrenabile. Del messaggio piace soprattutto quel “Troie” in maiuscolo. Probabilmente era convinta di essere dentro un poema omerico.
8 ) “Stai abusando di potere“. C’è arrivata financo Sarita Tommasi. E Veltroni no. Quando dici la sfiga.

9) “Ci vuole una buona reputazione per governare!! Anke tu fai festini Dinho deve tornare!”.
L’sms è importante perché lascia intendere che Sarita Tommasi era l’unica tifosa, insieme al marito di Benedetta Parodi, di Ronaldinho. Un giocatore così lento che perfino al Subbuteo gli hanno detto di essere meno statico.
10) (il mio preferito). Riprendi subito Ron nella tua squadra di merda o ti faccio escludere da Obama e dai grandi del mondo e dalla politica internazionale”

.
Calma: questo è un messaggio importante. Ci dice tante cose. Ad esempio che Sarita Tommasi conosce molto bene Obama. E conosce benissimo la politica internazionale (qualsisi cosa voglia dire). Ha un potere tale da cacciare Berlusconi dall’Olimpo del mondo. Non solo: se vuole si trasforma in un razzo missile, mangia libri di cibernetica, tra le stelle sprinta e va (ma un cuore umano ha).
Tutto molto bello. Però ho ancora un dubbio: ma a Barck Obama, se Ron (il cantante?) andava via dal Milan, cosa gliene fregava?
Niente, non ci arrivo. Colpa mia. Dovevo laurearmi anch’io alla Bocconi. Come la Tommasi. Dovevo anch’io mangiare insalate di cibernetica. Protetto da scudi termici. Per poi diventare intergalattico. E andare a giocare su Marte. Senza così sentire gli spifferi di questo pseudo-Satyricon scritto malissimo.
Buona catastrofe.
P.S. Silvio Berlusconi ha appena detto che farà causa allo Stato. Anch’io. Per essersi fatto ridurre così. E per sua stessa mano.

martedì 8 febbraio 2011

Si no es ahora ¿cuándo?

Oggi in radio Miss Loto ha registrato la puntata di domani, dopodomani e venerdì. Ha chiuso la settimana facendo gli auguri a tutte le donne italiane che domenica 13 febbraio scenderanno in piazza in più di cento città sotto lo slogan "Se non ora quando?". Mentre parlava della mobilitazione nazionale - che ha raggiunto oltre 50mila sottoscrizioni - nella coda finale della puntata di venerdì si è sentita per la prima volta orgogliosa di essere una donna italiana. 

Ragazze, anche se dall'altra parte del mondo, domenica ci sarò anch'io in piazza con voi! Facciamoci sentire!


lunedì 7 febbraio 2011

Amiche mie - Atto II

Miss Loto e le Bandidas si conoscono da quando, nel settembre 2006, il regista Bart Freundlich e la moglie Julianne Moore vennero alla Casa del Cinema di Roma a presentare la commedia newyorkese Uomini e donne. Da allora sono inseparabili. Ognuna ha una caratteristica che la rende speciale, pregi e difetti unici e insostituibili, ognuna ha fatto dono a Miss Loto di un insegnamento, un segreto, un consiglio, un riconoscimento. 
Per tanto tempo Loto ha potuto condividere e approfondire la sua passione per il cinema insieme alle sue amiche Bandidas; una, due, tre, quattro, cinque sagome scure sedute l'una accanto all'altra nel buio della saletta, proiezione dopo proiezione. E quante conferenze stampa, quanti round table, quanti sospiri per gli attori, registi, sceneggiatori preferiti e quanti buffet! Oltre alle gioie, con le sue amiche Loto ha condiviso anche i dolori e le frustrazioni della vita e del mestiere, spesso dopo la visione di un film, ancor più spesso di fronte a un bicchiere di vino rosso, vin blanc, spritz, birra o rum (a seconda del capriccio e del festival). 
Poco prima di trasferirsi dall'altra parte della terra Miss Loto ha organizzato una cena delle cretine con le Bandidas - La Tula, Fucsia, Titti e Adeleh - a casa. Wolf era stato bandito. È stato sul finire di quella serata che si è materializzata, complici un folle risotto alle fragole e un paio di bottiglie di vino bianco, l'idea di partire per Cannes. Sarebbe stato il loro ultimo festival insieme per un bel po' e l'ultima occasione di passare qualche giorno senza mariti, compagni e figli in una sorta di gita scolastica più che trasferta di lavoro. 

Dopo quella vacanza tutto sarebbe stato diverso. Sarebbero sopraggiunte la partenza, nuove sfide per tutte, dolorose sconfitte, grandi soddisfazioni, nuovi amori, nuovi lavori, programmi di viaggi e di traslochi, ma Miss Loto avrebbe tenuto per sempre un posto speciale per ognuna di loro perché anche a distanza continuava a sentirle vicine. E mai e poi mai avrebbe dimenticato quella mattina in cui le quattro Bandidas, con tanto di Eminems a carico, vennero alla stazione Termini a salutarla, il giorno in cui se ne andò da Roma.

Roma, maggio 2009

domenica 6 febbraio 2011

Road to the Oscar

Lui: Amore che ne dici se ci vediamo un film?
Io: Tipo?
Lui: Potremmo rivederci Avatar, anzi no, meglio! Vediamoci A-Team!
Io: No, A-Team no. Quello è proprio il film tuo…
Lui: Ma pensa te! Con tutte le zozzerie che mi hai fatto vedere ultimamente…

In effetti nelle ultime settimane ho proposto e ottenuto la visione di Black Swan, The American, Secretariat (l'ho già detto Black Swan?)... Wolf è riuscito a opporsi solo quando gli ho proposto di vedere Il riccio; era troppo persino per lui. A mia discolpa posso dire che nei mesi precedenti all'uscita delle candidature all'Oscar, per rimediare al fatto che vivo in un villaggio con tre pescatori e un cane mi faccio ricche abbuffate di film di ogni sorta. Quest'anno ho goduto nel constatare che mi mancano giusto un paio di titoli.

(Saturday, January 29, 2011 at 10:08am)

Pati Killed The Radio Star

Lei (la mia muchacha): Signora Loto, ieri l'ho sentita alla radio.
Io: Ah, e dimmi un po', come ti sembra sia andata?
Lei: Bene! Ho capito tutto quello che diceva.
Io: [...]
Lei: Certo, io lavoro per lei da quasi due anni e ormai sono abituata al suo accento. Gli altri non so...
Io: [...]
Lei: Però sono contenta di lavorare per qualcuno che è famoso.
Io: [...]


Pati, non lo so mica se c'arriverai al panettone quest'anno

(January 25 at 11:50am)

Ballo o son desta?

Io: Amore, oggi Juan ci ha annunciato che l'11 febbraio balleremo al Teatro del mar e in seguito in altre località oaxaqueñe.
Lui: Un vero e proprio tour invernale!
Io: Sì! E tu?
Lui: Io oggi ho visto otto balene.


In un'ipotetica gara a chi fa cose più cool durante il giorno io perderei ogni singola volta

(January 24 at 5:18pm)

La terraza y la terrazita

Al piano di sopra si cucinano funghi ripieni, cotolette di manzo e patate al profumo di rosmarino, che rosolano felici al forno. Al piano di sotto lo chef ha appena usato il mixer per preparare qualcuna delle sue delizie. A La terraza e alla terrazita i profumi si mescolano con lieve vento serale.

(January 22 at 5:36pm)

sabato 5 febbraio 2011

Inception

Wolf suonava il basso in una band prima di iniziare la sua carriera come agente booking al servizio della musica. Poi ha conosciuto me, ci siamo innamorati, è venuto a vivere a Roma lasciando Milano, ci siamo sposati, siamo andati in viaggio di nozze a Boa Vista e, grazie alla generosità di un caro amico, abbiamo entrambi fatto il corso open water della PADI e preso il brevetto da scuba diver. È stato allora che è avvenuto l'inception che piano piano ha fatto sì che nella mente di Wolf si formasse il piano di fuga dall'Italia. L'industria musicale stava emettendo gli ultimi rantoli, il live stava morendo, la crisi era alle porte e bisognava escogitare un piano b...

Adesso che Wolf è dive master la sua musica preferita è il rumore dell'erogatore sott'acqua e le band che dirige sono formate da squali chitarra e pesci trombetta.



La versione di Loto

Juan è il mio maestro di danza. Quando io e Wolf abitavamo ancora nella nostra prima casa messicana, a Colorin, in centro, ogni mattina passavo davanti al locale dove dava le sue lezioni prima di trasferirsi con tutta la compagnia arriba del ristorante Blue, e lo potevo sentire urlare ai suoi alunni. A quei tempi pensavo ancora che il pazzo che strillava e si poteva sentire fino in strada fosse un insegnante di work out. Uno pensa alla danza contemporanea e si immagina un maestro dai modi delicati, severo sì, ma non urlone. Juan non sa cosa sia la grazia a meno che non stia ballando. Comunque. Grazie a un'amica di Kira che frequentava le sue lezioni, mi sono iscritta al corso per principianti.
Quando ero piccola ballavo. A sei anni mammina cara mi fece scegliere tra il piano e la danza e io scelsi la seconda. Sognavo di fare la ballerina a New York, come l'Alex di Flashdance. Da grande volevo avere un cane, un lavoro da maschio in un cantiere, guardare le figure delle riviste francesi, vivere in un loaft a Brooklyn e girare in bicicletta. Così ho continuato a ballare, principalmente moderna, jazz e quello che all'epoca si chiamava funky televisivo (ispirato a Heather, Lorella e le altre), fino alla maggiore età. Ho anche provato a entrare in una School Of Arts a Uppsala, in Svezia, facendo una regolare audizione, ma non sono mai stata veramente portata e il comitato di ammissione deve essersene reso conto visto che mi ha bocciato. Juan invece deve essere cieco, perché dopo solo qualche mese mi ha promossa alla classe avanzata e a fine 2010, senza chiedere il mio parere, mi ha inserita tra i ballerini della compagnia.
Io e Juan abbiamo un rapporto di amore-odio. Quando ha cominciato a pretendere di più da me io pensavo di non essere ancora pronta, così, quando ho saputo di far parte della compagnia mi sono ribellata e ho iniziato a mostrare il mio scontento. "Non voglio più ballare dal vivo", gli dicevo. "Non sono pronta! Non sono allo stesso livello degli altri!" "Non mi mortificare", mi rispondeva lui. Juan non vuole che si dica "Non posso". E per questo lo ringrazio. Lo ringrazio anche per avermi lasciata libera quel famoso giorno in cui gli dicevo di non voler fare parte della compagnia. "Io penso che tu sia pronta, ma se non vuoi, puoi benissimo ricominciare a frequentare le lezioni delle 8 (principianti) e delle 9  (avanzati) e andartene via alle 10 (dalle 10 alle 11 è l'ora in cui la compagnia prova le nuove coreografie). Io ho continuato ad andare al mio orario (9-11) e per qualche settimana Juan mi ha fatto fare meno esercizi degli altri ("Güera, tu fai solo cento addominali, tutti gli altri i soliti trecento. Forzaaaa!" oppure "Niña fresa, tu riposa dopo trenta grand plié, tutti gli altri cinquanta e non uno di menooo!) finché non è tornato tutto come prima, ma stavolta perché lo avevo deciso io.
Juan mi chiama güera (bianca), niña fresa (ragazzina snob), panzona, ma io so che mi ama nonostante sia dell'altra parrocchia. Anch'io lo amo, anche quando mi tratta male. Juan è quello che quando ho iniziato a mostrare i primi miglioramenti mi ha preso come esempio per tutta la classe: "Loto, quanti anni hai tu?" "Trentaquattro" "Vedete ragazzi come ci si può mantenere bene ANCHE a questa età?" Io, Yolanda, Lucy e Noé siamo gli unici attempati della compagnia, a parte Juan che ne ha trentanove; gli altri ragazzi hanno tra i sette e i sedici anni. Io però sono l'unica straniera e spesso vengo presa in giro per questo, soprattutto dai più piccoli. Come quando quella volta, invece di dire pies descalzos dissi pies desnudos ottenendo le risatine isteriche delle bambine (qui i piedi sono sempre scalzi, mai nudi, sappiatelo). 
Juan ha coniato un nuovo termine per "bere". Invece di dire idratense dice alotense riferendosi a me perché sono l'unica che chiede sempre di poter bere, al di là del regolamento, un po' di acqua durante la lezione. 
Devo ammettere, però, che Juan mi ha salvato. Quando pensavo che questo piccolo villaggio con tre pescatori e un cane mi stesse stretto, quando non mi sentivo ancora comoda qui, lui mi ha accolta nella sua classe e nella sua vita e, poco alla volta, mi ha introdotta agli usi e costumi messicani spalancandomi gli orizzonti. Grazie a lui e ai ragazzi di Despertares il mio spagnolo è migliorato e io sono diventata una ballerina migliore (ho anche smesso di fumare e non bevo più tanto come prima) e per questo gli sarò riconoscente a vita.

Juan, nonostante tutta la fatica, i lividi, l'acido lattico, i piedi rotti, l'impegno, le tue urla, i nomignoli e quant'altro, io sono pronta a seguirti in capo al mondo, per ballare con te sull'ultimo palcoscenico di questa nostra meravigliosa terra.

Festival del mar/XI Aniversario Compañía de danza Despertares



venerdì 4 febbraio 2011

A piedi nudi nel parco

L'altro giorno, di ritorno da danza, mi sono fermata a fare due chiacchiere con Bettina, una sorridente signora messicana di quarantacinque anni circa, dai modi gentili, proprietaria di un caffè ubicato di fronte alla marina di Santa Cruz, a duecento metri da dove vivo attualmente con Wolf. Fino a fine luglio scorso abitavamo proprio al di sopra del suo locale e ogni mattina venivamo svegliati dall'invitante profumo dei suoi deliziosi dolci. Da quando ci siamo trasferiti non la vedo più con la stessa frequenza di prima, anche perché spesso ci incrociavamo la mattina, quando entrambe andavamo incontro al basurero con le nostre buste della spazzatura, ma adesso che vivo dall'altra parte del parco non succede più perché il camion della nettezza urbana si ferma sotto casa mia. L'altro giorno però ho visto che era seduta nel suo angoletto pacifico, sotto ai portici, a due passi dal mare e dalle barche attraccate al porticciolo e, invece di dirigermi direttamente verso casa, ho deciso di andarla a salutare. Seduta a quel caffè insieme alla proprietaria c'era una simpatica signora dai capelli lunghi, ondulati e grigi di nome Rocío che scopro essere una pittrice di Puerto giunta in città per esporre a una mostra collettiva. Bettina mi fa i complimenti per il mio programmino in radio e mi indica le casse esterne di uno stereo che le hanno regalato da poco. "Adesso ho anche la musica", mi annuncia trionfante. Al ché mi rendo conto che è dimagrita tantissimo! Quando glielo dico s'illumina, si alza in piedi, si sfila il grembiule dalla testa e mi mostra tutta orgogliosa il suo figurino, manca solo che mi faccia una piroetta. "Ho perso quindici chili!". Mi racconta di aver avuto un problema con la schiena e di essere andata dal dottore, che le ha consigliato di dimagrire perché l'eccessivo peso era una delle cause, raccomandandole però di non mettersi a dieta ma di iniziare a fare esercizio. La immaginavo svegliarsi alle cinque del mattino per andare a passeggio un'ora prima di prepararsi per andare al lavoro e, ancora, in cammino verso il centro dopo la chiusura del caffè, alle quattro del pomeriggio. "E poi amo ballare! Ogni sabato sera a vado a El Depa e una volta che mi piazzo in pista non mi stacco più. Perché sabato non vieni anche tu?". 

Cara Bettina, se tu sapessi come è la vita nei paesi da dove vengo. Se sapessi che la gente non ha più tempo per fermarsi a chiacchierare con i conoscenti incontrati nei caffè, per strada, per caso... che spesso i vicini di casa non conoscono i nomi dei loro dirimpettai... che tutto va di fretta, le persone, le automobili, il tempo. Io lì, cara Bettina, ci ho vissuto, e anche io ho corso, corso, corso. Ma adesso sono qui e voglio ricominciare da capo. Camminando, come te. Possibilmente a piedi scalzi.

giovedì 3 febbraio 2011

Quella vecchia volpe di Clooney!

È da un po' di tempo che mi chiedo come sia possibile che un attore di apparente bravura e profondità come George Clooney possa avere qualcosa a che spartire con una showgirl qualsiasi. Ammetto che il mio ragionamento è viziato dall'idea che si è andata formando in Italia sulle donne dello spettacolo -  specie alla luce dei fatti, dei bunga bunga e delle intercettazioni telefoniche - e dalla grande stima che nutro per l'ultimo grande divo di Hollywood, ma tant'è. 
Finché l'altro giorno non ho avuto una illuminazione! Considerato che nelle giuste mani la parabola berlusconiana sarebbe il miglior film politico della storia del cinema (penso a una saga tipo Il Padrino ambientata nel Parlamento), vuoi vedere che Clooney l'aveva già intuito in tempi non sospetti? In quel caso non ha fatto altro che assicurarsi un posto in prima fila, da spettatore e infiltrato, quando ancora B. non aveva iniziato a mostrare i primi segni di cedimento, prima degli ultimi scandali, insomma. Solo così si spiegherebbero le colazioni con fidanzata ad Arcore (sempre ammesso che sia vero) e la durata di questa relazione che secondo i più maliziosi è nata per mettere a tacere le voci  sulla presunta omosessualità  dell'attore statunitense. 
Poi non ditemi che non vi avevo avvertito se un domani dovesse venire alla luce la sceneggiatura di un thriller ambientato nel mondo della politica italiana firmata da Grant Heslov, George Clooney e Steven Soderbergh. Sceneggiatori e registi italiani, che aspettate a tirarvi su le maniche per battere sul tempo quella vecchia volpe?

Intanto mi studio l'argomento anch'io, vedi mai che Clooney - o Sorrentino - avesse bisogno di una mano...







Il vizietto del Caimano parte da molto lontano

Era giugno del 1985, più di 25 anni fa, quando su “Frizzer”, (una rivista di Pazienza, Tamburini e Sparagna, figlia di “Frigidaire”) compare questo pezzo di Giorgio Bocca, con la descrizione di certe “seratine” a casa Berlusconi. Ieri il sito del Barbiere della Sera lo ha riportato alla luce.

Non sono mai stato uno di quei moralisti che piangono per l’esistenza dei network, della libera concorrenza e del denaro, anzi mi sono sempre adeguato al mutare dei tempi, cercando di vivere decorosamente e in agiatezza senza troppo sottilizzare su chi mi dava pane e companatico.

Ma – nonostante ciò – sento oggi la necessità di parlare di una storia che ho saputo grazie alle intime confidenze di un’amica, ricca e facoltosa signora della borghesia lombarda.

A quanto mi ha raccontato la mia amica, persona in tutto degna di fede, il dottor Silvio Berlusconi, il famoso proprietario delle Tv private più importanti e di numerosi giornali a grande tiratura, come il famigerato TV Sorrisi e Canzoni, organizza periodicamente a casa sua delle “seratine televisive“.

Il titolo curiosamente familiare nasconde in realtà un gioco di società assai divertente e appetitoso che il geniale imprenditore piduista ha inventato per sé e per i suoi più fidati amici (qualche socialista cocainomane, qualche industriale, qualche mafioso). Il gruppo, riunito come in un racconto del marchese De Sade davanti alla Tv, sceglie ogni sera, tra presentatrici, ballerine e showgirls dei programmi di Retequattro, Italia1 e Canale 5, quelle che dovranno essere chiamate a soddisfare le voglie dei presenti in un crescendo di situazioni viziose.

Basta poi una telefonata del boss e ai direttori di rete mandano a casa Berlusconi, impacchettate e pronte a tutto, le schiave della serata. Programmi specificamente allestiti, come Viva le donne,M’ama non m’amaDrive In, ecc. assicurano il giusto flusso di carne fresca per il “divino Silvio”.

Ora io non voglio fare un discorso moralista, né spezzare una lancia a favore della castità. Riconosco al dottor Berlusconi un grande senso pratico in queste faccende e non discuto neppure sul fatto che lui si diverta così. Ma non posso non sentirmi infastidito se penso che, tra i tanti “amici” che sono stati invitati a godersi le ballerine e le presentatrici, il mio nome non figura mai.

L’Italia è proprio un paese in cui il merito viene spesso calpestato e dove trionfa l’ipocrisia, il partitismo, il denaro. Sono andati a passare qualche ora da Berlusconi, ora presidenti del Consiglio, ora presidenti di banche, ora camorristi, ora rapitori e riciclatori di denaro sporco, ora trafficanti di cocaina, ora assassini prezzolati, ma non è mai stato invitato nessun uomo di cultura, nessun   intellettuale e – senza voler essere demagoghi – nessun proletario.

Come mai? Eppure – faccio notare – io, come tanti altri intellettuali, lavoriamo per Berlusconi, partecipiamo ai suoi programmi, rendiamo culturalmente accettabili anche le puttanate più forti del network. E credo che ci meriteremmo almeno una piccola ballerina.

Parlo per me, ma penso di interpretare anche il pensiero dei colleghi Arrigo Levi e Guglielmo Zucconi, nonché Maurizio Costanzo dell’Occhio Nero – pur essendo il più brutto di tutti noi –, che comunque fa storia a sé, essendo nato in passato e forse ancor ora, membro della stessa loggia dei boss.

Mi si potrebbe obiettare: perché non telefoni tu stesso ai direttori dei programmi per farti mandare a casa presentatrici e gnoccolone varie? Inutile, ho provato, per scrupolo di cronista, a fare dei tentativi. Ogni volta mi sono sentito sghignazzare in faccia. Insomma senza un invito di Berlusconi non riuscirò mai a partecipare a una vera serata di piacere.

E questo, come ex partigiano e come uomo, mi secca abbastanza. Devo pensare che la colpa vada attribuita al mio maledetto riportino, che certe volte il vento agita fino a mostrare il bianco della pelata?

Riportino sì o no, dispiace che un imprenditore così accorto come Berlusconi sottovaluti gli intellettuali, proprio quando si tratta di spartirsi “la gnocca”.

Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2011

mercoledì 2 febbraio 2011

Altro che Özpetek!

Oggi l'amica Kira, conosciuta anche come Kari (roba da anagrammisti), ha portato Miss Loto, papà Po e mamma Qiu a pranzo da Dhara. Dhara è una simpatica signora del Kashmir che ogni mercoledì trasforma cucina e sala da pranzo in un ristorante indiano autogestito organizzato in due turni, il primo all'una e un quarto e il secondo alle tre. Per la modica cifra di ottanta pesos (poco più di 4 euro), e dietro prenotazione, gli ospiti possono degustare una entrada, un plato fuerte di una differente regione dell'India, agua de sabor dolce e rinfrescante a volontà, ed essere intrattenuti dall'allegra ed estrosa padrona di casa. All'una e tredici la famigliola Zeta, guidata da Kira, ha attraversato il cortiletto di Villa Dhara per essere accolta dai profumi delle spezie indiane e dall'abbraccio caloroso della cuoca. 
"Visto che oggi c'è una maggioranza di italiani ho una sorpresa per voi!" dice nel suo inglese acciaccato da un piacevolissimo accento che a Loto fa subito venire in mente quei meravigliosi personaggi del grande schermo, protagonisti di intrighi e avventure in cinemascope. 
Gli ospiti del giorno sono per l'appunto due italiani (Po e Qiu), una italofinlandese (Loto), una italoperuviana (KiraKari o KariKira), un'americana (insegnante d'inglese all'Università), una francese (anche lei insegnante) e un argentino, el Pocho, amico carissimo di Kira&co. Idiomi e accenti si mescolano ai sapori speziati dell'India mentre si parla dei fatti del giorno, del Día Mundial de los Humedales (la giornata mondiale delle zone umide) che ricorre oggi, della  manifestazione  contro la costruzione di un resort con tanto di campo da golf (che nel giro di qualche anno distruggerà una delle  spiagge più belle della costa nonché l'adiacente riserva naturale), degli eventi del mese e di altre cose, tutti seduti alla stessa tavola, tutti uniti dal piacere del cibo e della compagnia.  
Serviti gli ospiti, Dhara corre al piano superiore e torna con un foglio, ne mostra la scrittura sbiadita dal tempo come per assicurare la veridicità di quei venticinque anni che dice sono passati da quando una sua amica, in Nigeria, glielo ha regalato, e si mette a leggere "The Italian who went to Detroit" impostando un discreto accento italiano (che poco dopo torna a suonare immancabilmente indiano):

One day I ma gonna Detroit to bigga hotel. I go down to breakfast. I tella the waitress I wanna two pissis toast. She bring me only one piss. I tell her I wanna two pisses. She say go to the toilet. I say you no understand, I wanna two piss onna my plate. She say you better no piss onna plate, you sonna va bitch. I don't even know the lady and she calls me a sonna va bitch!
Later I go to eat at the bigga restaurant. The waitress she bring me a spoon and knife but no fock I tell her I wanna fock. She tell me everyone wanna fock. I tell her you no understand, I wanna fock onna table. She say you better no fock onna table, you sonna va bitch.

So I go back to my room inna hotel and there isa no shit onna ma bed. I call the manager and I tella him I wanna shit. He tell me to go to the toilet. I say you no understand, I wanna shit onna my bed. He say you better no shit onna bed, you sonna va bitch.

I go to the check-out and the man at the desk say, "Peace on you". I say, "Piss onna you too, you sonna va bitch. I gonna back to Italy"

Loto e Kari hanno già prenotato due posti a tavola mercoledì prossimo, alla stessa ora. Le aspettano le deliziose polpette di Dhara (lei giura di farsi dare la carne più magra chiedendo di eliminare anche il più minuscolo pezzo di grasso prima di farla macinare) e chissà quale altra prelibatezza indiana e quale altra storia... 

Le fate ignoranti