lunedì 31 gennaio 2011

Amiche mie - Atto I

Miss Loto ha una bella schiera di amiche multi-tasking, sempre di corsa, sempre indaffaratissime su più fronti. Prendete la Papa e l'Adeleh, per esempio. La Papa fa l'ufficio stampa, la ballerina di flamenco (e c'è da scommetterci anche di tango, sevillana, tip tap, hip-hop e danza del ventre), la fotografa, la découpagista, la pirata, la psicologa e da qualche annetto anche la moglie e la mamma di due simpatiche canaglie dal faccino d'angelo. Anche l'Adeleh non scherza. Da quando Loto la conosce non ha mai smesso di stupirla con mille idee (messe regolarmente in pratica) e mille re-invenzioni lavorative. Giornalista di gossip, brillante sceneggiatrice, assistente di una nota regista, penna affilata, cervello vispo, occhio sempre focalizzato, anche dopo aver bevuto dieci birre, sempre presente anche quando si trova in altre situazioni. Come quando era in vacanza in Kenya (mica Ostia!) e si è imbattuta in un celebre attore ottenendo un'intervista esclusiva che gli ha fatto a bordo piscina, fasciata in un bikini color oro. All'Adeleh succedono sempre cose bizzarre perché lei esce, fa cose, vede gente.  
Al contrario, Miss Loto è una nota pigrona. Da quando ha sedici anni scrive e abbandona il romanzo della sua vita in continuazione, cambiando regolarmente storia, personaggi, luoghi e titolo ogni volta che lo ricomincia, sebbene il succo rimanga più o meno lo stesso: bla bla bla. Così, se da piccola voleva fare la scrittrice, da grande ha capito che senza deadline non riesce a cavare un ragno da un buco e alla fine è diventata giornalista. Fortunatamente il settore in cui lavora - musica-cinema-spettacolo - le consente una certa libertà artistica e Loto si può dire soddisfatta anche se continua a sognare di fare la scrittrice. 
Da quando è andata a vivere dall'altra parte del mondo, però, qualcosa è cambiato. Ora si sveglia alle 7.50 per andare a lezione di danza dalle 9 alle 11. Ogni mattina. Dal lunedì al venerdì. Da non crederci! Sarà che la nuova deadline si chiama Juan, il suo severissimo maestro di danza che esige da tutte le ballerine della compagnia puntualità, costanza e impegno. Stare sulle punte non sarà come scrivere un bestseller, ma che fatica!

domenica 30 gennaio 2011

E che so', la figlia della muchacha?

Io e Wolf non abbiamo figli. Il mio orologio biologico si è rotto nel momento in cui mi sono innamorata di lui e da allora non l'ho mai portato a riparare. Diciamo che nel mio caso il desiderio materno ha avuto un ruolo principale nella mia vita tra i 16 e i 27 anni, poi se n'é andato all'improvviso, puff, sparito.
Non che non mi piacciano i bambini. Li adoro e adoro giocare con loro (mettermi al loro livello poi mi riesce proprio bene), ma mi basta ascoltare le storie di vita familiare delle mie amiche mamme per dirmi che sì, io e Wolf siamo davvero felici così. Quanto a Wolf, lui la pensa come me e, tanto per sottolineare il suo pensiero, mi dice sempre che basta e avanza una bambina viziata in casa che faccia i capricci [...]
Ci sono però dei bambini che proprio non mi piacciono e sono i bambini supponenti, i viziati, gli annoiati, gli antipatici, i ciccioni (sì, ammetto di avere qualche problema con i bambini ciccioni, forse avrei fatto bene a parlarne con la mia analista quando ancora ce l'avevo), nonché i bambini fastidiosi. Avete presente? Quelli ai quali dici di non battere con la matita sul tavolo perché hai mal di testa e quelli corrono a prendere un martello pneumatico? Ecco. Io una bambina così la conosco, si chiama Lilo, ha cinque anni ed è la figlia di Pati, la mia muchacha, ovvero la donna che viene ad aiutarmi a scrostare casa una volta alla settimana e che conosco praticamente dal primo giorno che vivo qui.
Non so perché, ma nonostante il suo bel musetto, le fossette nelle guance e gli occhioni curiosi, Lilo mi è stata antipatica da subito. Lei fa parte della categoria "bambini molesti" di cui sopra. Purtroppo Pati non può liberarsi di sua figlia per venire da me, perché Lilo va ancora all'asilo e la mamma non farebbe in tempo in quelle poche ore a pulirmi casa e comunque in genere tutte le donne messicane che fanno i mestieri e hanno figli che ancora non vanno a scuola se li portano dietro. All'inizio, per un periodo, ho anche provato a prendermi un'altra muchacha, ma la verità è che poi sono tornata da lei perché nonostante sia lentissima è brava e precisa e stira da dio.
Con il tempo, tuttavia, mi sono affezionata anche a quel piccolo mostro che si porta dietro e che parla sempre, ininterrottamente, anche da sola pur di far sentire la sua voce. Ma questo solo perché ho un super potere: posso regolare il volume dell'udito o addirittura spegnerlo. Mi basta immergermi in quello che sto facendo. Fico eh? Comunque. Il mio rapporto con la peste è migliorato così tanto che ormai, quando non sono in chiusura e non ho deadline imminenti, mi prendo anche il tempo per chiacchierarci e giocarci. Continuo a non capire la maggior parte delle cose che farfuglia perché a) farfuglia e b) oltre ad esprimersi in dialetto costeño parla il bambinesco, ma tant'è... L'altro giorno eravamo sedute nel soggiorno e stavamo facendo una delle nostre chiacchierate.

Lei: Perché non hai figli?
Io: Perché fare i figli costa caro, soprattutto se mangiano tanto come te!
Lei: Guarda che se fai i figli e poi li porti a scuola la maestra ti dà un peso.
Io: Eeeeh?

A quel punto Pati, affacciandosi dal soppalco dove stava rifacendo il letto, mi spiega che quando non fa in tempo a preparare la merenda a Lilo, dà alla maestra i soldi perché le compri dei tacos all'ora di ricreazione e quando poi torna a riprendersi la figlia la maestra non fa altro che darle il resto. Solo che Lilo deve essersi sempre persa quel primo passaggio di denaro. Poi Pati mi racconta che quando la figlia si arrabbia con lei perché non ottiene quello che vuole le dice che non è sua madre.

Io: Non è tua madre!? Certo che lo è, nel bene e nel male. Scusa, se non è lei tua madre, chi?
Lei: Tu!!!
Ehm, no Pocahontas. Non mi sei neanche del tutto simpatica ancora, tu con le tue chiacchiere senza senso, i tuoi piagnistei capricciosi e le tue studiate azioni moleste per ottenere la mia attenzione. E poi sappi che di mamma c'è n'è una sola e non sei mai tu a scegliertela. Fidati, te lo dice la figlia di mammina cara.



sabato 29 gennaio 2011

Il basurero

Ogni mattina (eccetto il sabato) tra le 8 e le 8.30 nella zona in cui vive la famiglia Zeta passa il camion della nettezza urbana. Su questo enorme autocarro bianco simile a una nave fantasma viaggiano il conducente e il netturbino che generalmente se ne sta in piedi su un'apposita pedana esterna. Poco prima di arrivare alle fermate dislocate in giro per la cittadina costui batte con un metallo contro una sorta di campana provocando un dlen dlen dlen che dovrebbe richiamare gli abitanti a scendere con l'immondizia, ma di domenica, in casa Zeta, provoca le lamentele assonnate di Miss Loto e Wolf.
Da qualche tempo Loto ha fatto amicizia con il basurero campanaro. Si scambiano appena qualche convenevole (Buenos días! Qué le vaya bien!) ma Loto ha notato che il netturbino l'ha presa in simpatia. Ogni volta che la vede arrivare si appresta a toglierle la busta dalle mani per buttarla nelle fauci posteriori del camion, un servizio che riserva a pochi. L'altro giorno, dopo che Loto gli aveva passato il carico e lo aveva salutato lasciandolo ad azionare la leva mangia-rifiuti, si è seduta in macchina ma nel momento di accenderla si è accorta che un palo posto al lato del parcheggio le ostruiva l'uscita. Proprio quando stava per scendere dall'auto e spostare il palo, è stata raggiunta dal camion della nettezza urbana e dalla sua posizione avvantaggiata il basurero, in un attimo, ha afferrato l'estremità del palo e lo ha appoggiato pochi metri più avanti permettendole di effettuare la manovra. Loto ha provato un momento di profondo affetto per quel timido signore messicano che non si è neanche voltato per vedere l'espressione di stupore e gratitudine sul suo volto.

Pancho, o come diamine ti chiami, se mai ti dovessi incontrare a Los Vaqueros ti offro una chelada e magari anche un mezcal!



Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto

Tutto cominciò su una spiaggia, a Boa Vista, Capo Verde.
Lui: Un giorno mi piacerebbe vivere in un posto così, sul mare, lontano dall'Italia.
Io: Sì, sarebbe bello. A cinquant'anni.
Lui: Veramente pensavo prima.
Io: Ah.
Lui: Perché, non ti piacerebbe tra qualche anno trovarti in un posto così?
Mentre Wolf mi descriveva quello che aveva in mente per noi, per il nostro futuro, io pensavo al mio lavoro, agli inviti alle anteprime che mi aspettavano a Roma al ritorno dalla luna di miele, ai festival...
Lui: Dico, mica vorrai vivere tutta la tua vita a Roma, in mezzo al traffico, nello smog, in un appartamentino di 50mq...
Io continuavo a immaginare la mia scalata nel giornalismo, le interviste che avrei fatto ad attori, cantanti, registi e scrittori, la biografia che qualcuno mi avrebbe commissionato, e poi ancora un programma in radio e un bestseller da aggiungere al curriculum vitae.

Risultato. Cinque anni più tardi io e Wolf ci siamo trasferiti in Messico, in un paesino sulla costa del Pacifico provvisto fortunatamente di un cinema multisala.

Avevi ragione tu, Wolf, a volte nella vita bisogna buttarsi. Io quel giorno a Boa Vista non ero riuscita a mettere a fuoco il tuo progetto che allora mi sembrava folle. Grazie per avermi portata qui, dall'altra parte della terra e della sera (per dirla con le parole di Vinicio).

Il giorno del nostro ottavo anniversario - 13 dicembre 2010