Il Café Pluma è un
caffè messicano organico riconosciuto a livello internazionale. Gli europei – con finlandesi, svedesi e svizzeri in testa – sono i principali
clienti di questo prodotto del quale consumano più di dieci chili all'anno a
persona. Contraddistinto da un aroma fruttato, pungente, di carattere, viene
coltivato nella zona della Cuenca del Río Copalita, nello stato di Oaxaca, dove
la composizione naturale della terra, l'altitudine, la vicinanza al mare e le
condizioni ecologiche del bacino del fiume ne consentono la crescita ottimale e
di conseguenza l'alta qualità.
Per una serie di motivi che non vi sto a
raccontare, all'inaugurazione della 4ª edizione della Expo Fiera del Caffè che
ogni anno si tiene a Pluma Hidalgo sono stata nominata ambasciatrice del Café
Pluma. Io, che proprio di recente ho dovuto rinunciare alla mia dose quotidiana
di caffè per una stupidissima gastrite e che ormai bevo quasi solo decotto al
carciofo. Però non potevo rinunciare all'idea di competere con George Clooney
che ogni giorno, quando ancora vivevo in Italia, mi guardava per qualche
secondo dal piccolo schermo con aria di sfida prima di uscirsene con un “what
else?”. Tuttavia, a differenza del caffè che promuoveva l'ultimo divo di
Hollywood, Pluma è coltivato in maniera naturale, in piena condivisione dei
dettami dell'agricoltura biologica e non viene prodotto attraverso manodopera
minorile, debitoria, forzata o proveniente da traffico di esseri umani.
Ciononostante non ha ancora ricevuto la denominazione di origine il che implica
che i produttori sono costretti a venderlo a 130 pesos al chilo, quando il
commerciante smercia quello che i poeti chiamavano “il nettare nero dei sogni
bianchi” a 20/30 pesos la tazza (notare che con un chilo di grani si producono
100 tazze di caffè). Come se non fosse abbastanza, tutto ciò permette a una
nota catena di fast food di spacciare per Café Pluma un caldo liquido nero
quando magari è solo acqua sporca. E dire che dai chicchi di caffè dipendono
più di tre milioni di messicani coinvolti nelle attività di semina e raccolta.
È il sesto frutto agricolo di maggiore esportazione e da tempi immemori il
Messico lotta quotidianamente con Brasile, Colombia, Vietnam, Etiopia,
Guatemala, Honduras, Uganda e Indonesia per il primato nel mondo. Però tra
tutti, Messico è il principale produttore di caffè biologico ed è un pioniere
in questo senso.
Come ambasciatrice
del Café Pluma ho ricevuto una corona, lo scettro e la responsabilità di
mantenere alto il suo nome in attesa della denominazione di origine. E,
ciliegina sulla torta, mi sono state date in dono due piantine di caffè che ho
piantato nel minuscolo giardino di fronte alla mia casa, all'ombra di un
albero, proprio sotto a una goccia persistente d'acqua dovuta a una perdita di
una tuberia. L'ambiente ideale. L'altro giorno il ragazzino che passa a
ritirarmi i rifiuti in cambio di 10 pesos e una manciata di biscotti, indica i
due arboscelli e mi chiede cosa siano. “Sono piantine di caffè” gli dico e non
faccio neanche in tempo ad aggiungere altro che replica, lasciandomi senza
parole: “E quanto tempo ci vorrà perché tu possa bere una tazza di Nescafé?”.
Ok, George, per
questa volta hai vinto tu.
(uscito nel giugno 2012 su Mexican Radio: una reporter in terra di mariachi, il blog che pubblico ogni mese su Freequency, la rivista per iPad che si può scaricare gratuitamente qui)
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