sabato 26 febbraio 2011

What Men Want - Quello che gli uomini vogliono

Sono sempre stata abituata a muovermi con disinvoltura nel mondo degli uomini. Alle cene dei grandi alle quali accompagnavo mio padre da ragazzina ero l'unica femmina che s'interessava ai discorsi di lavoro, sport e politica e memorizzavo tutto - le sigarette lasciate a consumare nei posacenere di cristallo, il tintinnio dei bicchieri di whisky, le risate roche e le luci fioche. Questo mio interesse antropologico per un mondo che molto più spesso negava l'entrata alle donne è cresciuto con gli anni a pari passo della mia totale sicurezza nel frequentarlo. 
Da quando ho iniziato a lavorare qui mi capita spesso di essere invitata a incontri tra uomini ai quali vengo presentata come giornalista e collaboratrice in radio. Forse sapendomi un'addetta ai lavori gli uomini si sentono più a loro agio (in Messico, paese machista per eccellenza, le donne non siedono a tavola con i maschi), anche perché quando sono fra loro io sono come loro, a volte anche peggio di loro. E tengo banco. Non per niente mi chiamano Loto Marzotto (anche se in questo momento libico forse sarebbe meglio non fare certi nomi). Comunque.
Proprio ieri mattina il negro mi invita a raggiungerlo qui nel parco sotto casa per prendere un caffè con Rodrigo Lava e Raúl Palo, rispettivamente direttore e vice direttore della pubblica sicurezza comunale. Quando i due arrivano noto subito che Lava porta una pistola alla cintura. Mezzora dopo, parlando di armi in dotazione alla polizia, la tira fuori e, tolto il caricatore, la appoggia sul tavolo per farcela vedere. "Una volta in un poligono in Italia ho sparato con un Kalashnikov", dico ottenendo l'ammirazione del signore direttore. "Camarada, perché non la porti a sparare da noi qualche volta?" Da quel momento è fatta, ho definitivamente ottenuto la loro stima. 
Mi raccontano di un caso recente in cui, in un pueblo nelle vicinanze, la polizia è riuscita a sventare un tentato stupro arrivando sul luogo del delitto appena un attimo prima che l'uomo - che era già riuscito a legare e denudare la donna - possedesse con la forza la sua vittima. "In questi casi di quanti anni di carcere è la massima pena?" chiedo al vice. "In caso di stupro sono quindici anni di carcere. Per un tentato stupro possono essere anche dieci". "E quando si tratta di violenza domestica sulle donne?" "Ah, sono sicuro che un sacco di donne vorrebbero che i loro mariti andassero al gabbio per così tanti anni". [...] "No, io mi riferivo ai casi reali di violenza domestica". Lui sembra non capire.
Secondo il Ministero della Sanità del Messico, una donna su tre è vittima di violenza domestica e si stima che più di 6 000 donne muoiono ogni anno per cause legate alla violenza domestica. Secondo una indagine nazionale rilasciata nel 2006 sulla dinamica delle relazioni familiari, il 43% delle donne messicane che abbiano più di 15 anni di età è stato vittima di una qualche forma di violenza domestica. Il numero delle donne uccise dalla violenza domestica in Messico è superiore al numero delle donne uccise dalla criminalità organizzata. Sebbene i dati siano allarmanti, la maggior parte della gente non considera la violenza domestica un reato grave. Si cambia discorso.
"A che ora ti manda in onda il negro?" mi chiede il direttore. "In genere tra le 3.20 e le 3.30 però a volte non mi manda in onda per niente. Se le notizie da Oaxaca sono particolarmente calde il mio spazio musicale viene cancellato". A quel punto direttore e vice direttore fanno al negro la proposta per la quale lo avevano voluto vedere. Ovvero di poter avere uno spazio all'interno del notiziario, ogni lunedì, per informare il pubblico sul lavoro svolto dalla polizia e sulle statistiche che riguardano lo stato di Oaxaca. "Si tratterebbe di elencare i numeri di furti, omicidi, arresti e quant'altro sia successo nella settimana precedente..." assicura il direttore ma non fa neanche in tempo a terminare la frase che lo ammonisco "Sì, ma che sia breve eh, e che non tolga spazio a me o alla mia musica!"


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