martedì 8 marzo 2011

Tanti auguri, a chi?

Ho scoperto che da quando vivo in Mexico lindo y querido si è risvegliata la pasionaria che era in me. Non che mi sia mai dimenticata delle lotte, delle rivoluzioni e delle conquiste, però vivere in un paese machista mi ha resa ancora più rebelde nei confronti di una società fatta dagli uomini per gli uomini di quanto già non fossi. 

Ad onor di cronaca va detto che in Messico gli uomini sono anche molto galanti. Basta portarsi una sigaretta alla bocca (ehi, tra due giorni festeggio un anno da quando ho smesso di fumare!) che de repente ti ritrovi cinque mani chiuse in pugno attorno a un accendino - come se fosse un fiore donato da un ammiratore - pronte ad appicciare il fuoco. Ti aprono lo sportello dell'auto, la porta, ti lasciano passare per prima, ti offrono sempre quello che ordini quando sei in loro compagnia e, anche se pensano che tu sia in torto marcio, ti danno sempre ragione (almeno fino a quando non ti mettono l'anello al dito - o la palla al piede). Eh. 

E pensare che l'ultima volta che sono stata in Italia in vacanza, di ritorno, all'aeroporto, un signore del nord, sulla cinquantina, allampanato e con un paio di mocassini ai piedi che non si potevano vedere, ha cercato di passarmi davanti a una fila al bar. Era già da mezzora che si era intrufolato nella coda, nel punto esatto in cui stavo aspettando il mio turno per ordinare la colazione. Lo gnorri continuava a parlare al telefono mentre mi si montava dentro la bestia. Ho aspettato di vedere fin dove si potesse spingere, ma quando, arrivato il mio turno, ha provato a passare di fronte a me gliel'ho fatto notare, dandogli del maleducato. Lo gnorri, invece di esprimere un mea culpa, cospargersi la testa di cenere e fare dietrofront per mettersi in castigo ha iniziato ad alzare la voce, dando a me della maleducata e mettendo in dubbio il mio essere signora (in pratica ha pronunciato signora come se mi stesse dando della puttana). Eh, sì. Ho dovuto placare le ire di Wolf spiegandogli che sua moglie sa benissimo come cavarsela in queste situazioni. Tant'è che lo gnorri ha dovuto davvero abbassare la testa e raggiungere l'altra estremità della coda che nel frattempo si era allungata di almeno altre venti persone. 

Qui in Messico però mi è anche capitato di conoscere degli uomini "illuminati". Proprio l'altro giorno stavo parlando con Marcos, un architetto che viene dall'Istmo, unico maschio di una famiglia di Donne composta da nonna, mamma, zie, otto sorelle, cugine, nipoti, una moglie e tre figlie femmine. "Il pueblo da dove vengo, Juchitán, è l'unica comunità matriarcale del Messico" mi racconta. Ne avevo già sentito parlare. Si son fatti decine e decine di documentari su Juchitán, in particolare perché si dice che le stesse famiglie, se sprovviste di figlie femmine, crescano l'ultimo figlio maschio come se fosse donna (li chiamano muxe - si pronuncia musce) perché possa accudire la famiglia. Non so dire se sia nato prima l'uovo o la gallina. Non so se questo sia un modo comodo per esplicare un fenomeno che si è andato accettando in uno dei paesi più omofobi del mondo, tant'è che questa tolleranza vale solo per Juchitán. 

"Tutto quello che so l'ho imparato dalle mie sorelle. Quando ero piccolo pendevo dalle loro labbra, volevo essere come loro, addirittura mi mettevo davanti allo specchio e le imitavo mentre si truccavano, passandomi il kajal sugli occhi e colorandomi le ciglia di nero con il mascara". Lui, messicano verace, padre di famiglia, che mi racconta qualcosa di così intimo senza nessunissimo timore di suonare puto (come si dice qui). E perché poi? Che c'è di più bello di crescere in mezzo a tante donne, sentirle urlare tra loro, commuoversi, tutte quante con i loro stati ormonali in subbuglio negli stessi giorni, dolci, affettuose, isteriche e forti? "Se sono come sono lo devo a loro. E non posso non provare profondo rispetto per tutte le altre donne. Quando le vedo io penso a mia madre, a mia nonna, alle mie zie, le mie figlie, vedo loro e vedo tutte le donne del mondo".

Non fatemi auguri, non regalatemi fiori in questo giorno triste e felice. Da piccola mi ci arrampicavo su un albero di mimose. E da lì guardavo il mondo dal mio giardino. Solo io (e le altre, quelle buone) sappiamo cosa vuol dire essere donna. E forse un po' anche Marcos.


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